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Uno studio scientifico ha scoperto che la quantità di anidride carbonica immessa in atmosfera dalle piante per l’alimentazione delle bufale neutralizza la somma di CO2 emessa dalle fasi di lavorazione del latte. Anzi, stima che per ogni kg di mozzarella...
Uno studio scientifico ha scoperto che la quantità di anidride carbonica immessa in atmosfera dalle piante per l’alimentazione delle bufale neutralizza la somma di CO2 emessa dalle fasi di lavorazione del latte. Anzi, stima che per ogni kg di mozzarella dop vengano sottratti 52 kg di CO2 dall’ambiente. Un dato positivo che si somma a quello secondo cui oltre la metà delle aziende DOP ha realizzato investimenti green.
Il nuovo studio, realizzato dal professor Luigi Zicarelli e da Roberto De Vivo, Roberto Napolano e Fabio Zicarelli, ha calcolato che in Italia la quantità di anidride carbonica, fissata e sequestrata in atmosfera dalle piante utilizzate per l’alimentazione delle bufale allevate nella zona di produzione della DOP, neutralizza la somma di CO2 emessa da respirazione, processi agricoli, trasporto, lavorazione del latte. Come accennato più sopra, per ogni chilogrammo prodotto di Bufala Campana vengono sottratti ben 52 chili di anidride carbonica dall’atmosfera.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Advances in Environmental and Engineering Research” e si basa sul metodo di calcolo della “Carbon Footprint” dei prodotti di origine animale, integrato con l’assorbimento fisiologico di anidride carbonica. Per la produzione della Mozzarella di Bufala Campana DOP sono state quantificate le masse delle varie specie foraggere e cerealicole utilizzate a partire dalle razioni alimentari delle diverse categorie suddivise per età e fase produttiva (asciutta, lattazione, vitelli e manze). La popolazione comprende tutti gli animali allevati nelle aree coperte dal disciplinare e con orientamento alla produzione di latte. Sulla massa dei vegetali utilizzati è stato calcolato il carbonio fissato nel foraggio e di conseguenza l’anidride carbonica sottratta all’atmosfera, attraverso i vari indici di raccolta e le percentuali di sostanza secca. In sintesi, secondo gli studiosi, l’intero ciclo “dal campo alla tavola” può essere considerato non solo in equilibrio tra input e output, e quindi nullo in termini di emissioni, ma anzi, favorisce un saldo negativo ai fini dei Ghg, ovvero i gas a effetto serra, sottraendone dall’atmosfera più di quanto effettivamente viene emesso. Va inoltre considerato che il carbonio derivato dalle produzioni animali compie un ciclo chiuso, mentre quello prodotto dai combustibili fossili va solo ad accumularsi nell’atmosfera, senza tornare nel ciclo produttivo.
“Contrariamente a quanto si afferma sui ruminanti accusati di inquinare, dai nostri studi emerge l’esatto contrario e speriamo che questi dati facciano riflettere e chiarire tante fake news che continuano a circolare”, commenta il professor Luigi Zicarelli.
Sempre sul fronte della sostenibilità, inoltre, secondo i dati rilevati dall’Osservatorio economico sulla filiera curato da Nomisma. Negli ultimi tre anni, oltre una su due (il 53,4%) delle aziende socie del Consorzio di Tutela ha realizzato investimenti ambientali, a partire dai pannelli fotovoltaici, che costituiscono il 50% di questi progetti. Ma quasi il 20% delle aziende ha costruito anche impianti di biogas e oltre il 10 per cento ha adottato un packaging compostabile. Si tratta di numeri green notevoli in una filiera che conta 80 soci (considerando solo i produttori DOP), 1300 allevamenti e un fatturato da 750 milioni di euro.
“Il tema della sostenibilità è prioritario per i nostri soci”, dichiara il Presidente del Consorzio, Domenico Raimondo. “Si tratta di investimenti sempre più necessari sia per soddisfare le richieste della domanda sia per contrastare anche gli aumenti dei costi energetici. Noi continueremo a incentivare la filiera a proseguire su questa strada. Più in generale, intendiamo sviluppare il versante della ricerca in tutti i campi, incrementando i progetti di collaborazione con le principali università italiane. Stiamo già esplorando, ad esempio, le infinite potenzialità del latte di bufala, anche rispetto alla salute umana. Questo animale non finisce mai di stupirci e puntiamo molto sui risvolti nutraceutici del suo latte”.
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